sabato 1 giugno 2013

L’educatore al tempo dei social network (Federico Badaloni)


Federico Badaloni, come giornalista e architetto dell’informazione si occupa della struttura, delle funzionalità, dell’usabilità e dei percorsi di navigazione nei siti del Gruppo Editoriale L’Espresso. Dal 2013 è presidente di Architecta, la Società Italiana di Architettura dell’Informazione.




Quali sfide pongono i social network a chi svolge un ruolo di educatore? Quali opportunità ci sono?

Questo il tema dell’incontro al quale è stato invitato a partecipare Federico Badaloni (capo scout), dai Responsabili Regionali dell'AGESCI e rivolta ai Capi dell'Associazione, 
nell'ambito di una tre giorni dedicata alla Comunicazione.

In sintesi, Federico Badaloni ha parlato della necessità di educare a:

- essere autentici
- scegliere cosa buttare
- scegliere cosa vivere nel “mondo fisico”



Essere autentici

Per tutta la fine degli anni novanta e un po’oltre, si è pensato e scritto spesso che la rete fosse un luogo di rappresentazione del sé. Uno schermo sul quale fosse possibile proiettare un’immagine distorta a piacimento della propria identità (età, sesso, orientamento sessuale, professione, curriculum, eccetera). Molti pensano ancora che sia così, soprattutto coloro che per paura o pigrizia non si sono mai decisi a vivere nella rete e al massimo si limitano ad usarla.

Il succo è questo: la rete contemporanea ci obbliga alla autenticità non solo all’interno di essa, ma anche al suo esterno (finché ha ancora senso parlare di “rete” e “non rete”, cioè per poco tempo ancora). Perché il mondo fisico è diventato poroso, permeabile al mondo digitale attraverso tutti i suoi prolungamenti e innesti, dai telefoni ai palmari, dai tablet alle paline degli autobus, come ci insegnano Luca Rosati e Andrea Resmini nel loro ultimo libro.



Scegliere cosa buttare
Ho amici che conservano tutto. Ogni foto, ogni minuto girato dalla loro telecamera. Non importa se la foto è bella o brutta, non importa se il filmino è venuto male. Tanto c’è spazio. Ecco, il punto è questo: lo spazio. Il problema delle generazioni pre-digitale era “cosa vale la pena tenere”. Oggi apparentemente questo problema è scomparso. Lo spazio digitale sembra infinito.

Scegliere cosa buttare equivale a scegliere cosa trasfigurare. Questa è l’attività principale della “memoria poetica”. Cioè l’idea che oltre ad una “memoria dei fatti”, ognuno di noi elabora il passato attraverso una memoria particolare, in grado di associare significati ai gesti apparentemente insignificanti, di collegare gesti lontani fra loro in un unico disegno.

L’esercizio della memoria poetica è fondamentale per la nostra sopravvivenza, ma questa memoria rischia di essere uccisa dallo specchio costante dei fatti registrati nella loro nudità, nella loro essenzialità non-poetica, in una timeline di Facebook.

Oggi gli educatori sono dunque chiamati a salvare la capacità di elaborare poeticamente i fatti.





Scegliere cosa vivere nel “mondo fisico”

La rete consente di vivere i rapporti con le persone a cui siamo più legati in maniera più continua e per certi versi più profonda (la scrittura, anche quella che si svolge nella “oralità scritta” di una chat, obbliga a un tempo di riflessione maggiore dell’oralità).

Scegliere cosa vivere in modo analogico vuol dire educare alla bellezza del limite, alla bellezza della finitezza in un mondo in cui i ragazzi la percepiscono unicamente come un ostacolo.

Sono sfide fondamentali soprattutto se vogliamo viverle come un’occasione di dialogo. Di crescita e di cambiamento sia per chi educa sia per chi viene educato. Se vogliamo veramente, come dice Robert Baden Powell, fondatore del movimento Scout, “lasciare il mondo un po’ migliore di come lo abbiamo trovato” dobbiamo capire che oggi “il mondo” è accresciuto dalla nuova realtà e dalla nuova dimensione rappresentata da internet e dalla comunicazione digitale in genere.

Ed è in questa realtà, in questo luogo che vivono i nostri ragazzi. 
Parliamo con loro nella rete, della rete e del mondo fisico. 
Non lasciamo che i pregiudizi o l’ignoranza ce lo impediscano.


Per approfondire:
http://federicobadaloni.blog.kataweb.it/snodi/001283/leducatore-al-tempo-dei-social-network.html

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